Transponder per i droni, DJI durissima contro la FAA. Ma Perché vuole che sia adottato il suo

Si è appena chiusa la fase di ricezione di commenti per il transponder che la FAA, l’ENAC americana, vuole che sia installato su tutti i droni che volano nei cieli USA. 52 mila persone, Enti e organizzazioni hanno inviato i loro commenti alla FAA, ma a fare rumore è la posizione di DJI, costruttore di droni cinese il leader mondiale del mercato, che si scaglia contro l’Authority americana, sostenendo che il transponder a cui stanno pensando costa troppo. E proponendo il suo…

Lunedì scorso, un minuto prima della mezzanotte (ora del pacifico) si sono chiusi i commenti sulla proposta della della Federal Aviation Administration (FAA) per l’identificazione a distanza dei sistemi di aeromobili senza pilota. Oltre 52.000 persone hanno dato il loro feedback alla FAA. Tra cui DJI, il principale produttore mondiale di droni, che ha inviato il proprio contributo sotto forma di un commento formale di 89 pagine, che contiene critiche durissime al sistema ipotizzato dalla FAA.

DJI ritiene che la sua tecnologia proprietaria possa essere perfettamente conformi all’esigenza di identificare il pilota dei droni in volo riducendo drasticamente i costi associati all’ID remoto così come sono stati presentati dalla FAA stessa.

A supporto della sua tesi, il produttore cinese ha presentato uno studio economico indipendente del dottor Christian Dippon, amministratore delegato di NERA Economic Consulting, per determinare il costo reale dell’implementazione di Remote ID (il transponder, appunto) come vorrebbe la FAA.  E secondo lo studio, la FAA avrebbe enormemente sottostimato i costi: la previsione FAA è 582 milioni di dollari, ma per Dippon e collaboratori la cifra reale sarebbe quasi dieci volte più alta, ben  5,6 miliardi di dollari in dieci anni.

“Sappiamo da anni che l’ID remoto sarà richiesto dai governi di tutto il mondo, e darà alla gente  fiducia negli usi produttivi dei droni. Ma la proposta profondamente imperfetta (deeply flawed nell’originale inglese) della FAA è una vera minaccia per il modo in cui aziende, governi, educatori, fotografi e fotoamatori e  semplici appassionati  possono usare i droni ”, ha dichiarato Brendan Schulman, Vice President of Policy & Legal Affairs di DJI. “Speriamo che le nostre analisi e commenti economici dettagliati, nonché decine di migliaia di commenti di altre parti interessate, incoraggino la FAA a sviluppare una regola di identificazione remota più basata sul rischio, equilibrata ed efficiente, e che di conseguenza i nostri clienti e l’intero settore dei droni non escano con le ossa rotte” conclude il dirigente. Nel documento silegge ancora che “L’ID remoto, se implementato correttamente, consentirà operazioni più avanzate, tra cui voli di notte, su persone e al di là della vista del pilota (BLOS). Le parti interessate del settore hanno esercitato pressioni per anni su questo punto. Dopo numerosi ritardi, la FAA ha finalmente rilasciato la sua NPRM il 26 dicembre. Che ha causato uno sconquasso nel settore, soprattutto considerando il fatto che la maggior parte delle raccomandazioni presentate dai 74 membri del Comitato aeronautico governativo sono state ampiamente ignorate”.

Presentando il suo documento, DJI è lapidaria: “Un ID remoto  costoso, oneroso, complesso o soggetto a più punti di errore, sarà un iD destinato al fallimento”. E conclude dicendo: “Offriamo questi commenti, molti dei quali sono fortemente critici degli aspetti della proposta della FAA, nel sincero interesse di promuovere una buona legge per la FAA, il governo degli Stati Uniti e l’intera industria dei droni“.

DJI ha recentemente dimostrato una soluzione Wi-Fi diretta “drone-to-phone” che consentirebbe a chiunque abbia uno smartphone di monitorare i droni nelle vicinanze. La tecnologia consentirebbe ai piloti remoti di conformarsi agli standard di ID remoto senza essere soggetti alle restrizioni imposte dalla proposta  della FAA.