Sappiamo che, attraverso l’uso delle onde radio, è possibile trasmettere energia verso dei dispositivi, proprio come succede con gli smartphone di recente generazione che sfruttano la ricarica in modalità wireless.
Ma se invece dei diffusissimi cellulari parlassimo di sensori remoti, ricaricati con tecnologia “contactless” attraverso l’impiego di droni in grado di avvicinarli? Sensori di questo tipo possono essere quelli disposti agli angoli di un terreno agricolo, a controllo di una piantagione, ma anche quelli utilizzati in zone di guerra, ad esempio per avvertire del passaggio di mezzi militari terrestri in un punto strategico.
Tutti questi sensori remoti, per funzionare, hanno bisogno di corrente elettrica, e prima o poi quella accumulata nelle batterie si esaurisce. In tutti questi casi, raggiungerli uno ad uno per sostituire le batterie o ricaricarle con un generatore portatile può essere, a seconda dei casi, un lavoro faticoso, lungo, ma anche pericoloso per il personale coinvolto.
Un nuovo studio (che trovate qui), condotto dai ricercatori dell’American University of Beirut e dell’Istituto di Elettronica e di Ingegneria delle Informazioni e delle Telecomunicazioni (IEIIT) in Italia, mette a fuoco i vantaggi dell’uso dei droni per la ricarica remota di questi sensori attraverso l’impiego delle onde radio, che grazie a speciali antenne implementate sui sensori vengono da questi trasformate in energia.
I droni possono raggiungere in poco tempo e con facilità i sensori situati in luoghi distanti e isolati, non solo per ricaricarli, ma anche per attivarli o disattivarli, usando lo stesso sistema a onde radio. I velivoli coinvolti nello studio hanno avuto bisogno di avvicinarsi ad almeno 4 piedi (poco più di 1 metro) per riuscire a sfruttare le onde radio per la ricarica dei sensori, mentre è stata sufficiente una distanza di 90 piedi (quasi 30 metri) per riuscire ad attivarli o disattivarli.
E se sulle distanze c’è sicuramente da lavorarci su, sono chiari sin da subito i vantaggi che questa soluzione offrirebbe, specie predisponendo, in un raggio non troppo lontano dalla zona dei sensori, degli hub collegati alla rete elettrica da cui i droni potrebbero decollare con tutta l’energia necessaria per rifornire i sensori in modo del tutto automatico a intervalli regolari e seguendo dei percorsi prestabiliti.
E se la ricarica è l’aspetto più evidente che balza agli occhi, altrettanto importante è il fattore attivazione/disattivazione, perché permette di rendere più efficienti i consumi di energia e addirittura di preservare e recuperare sensori di tipo eccezionale qualora questi non venissero utilizzati. Un esempio a questo proposito sono i sensori delle mine antiuomo, armi letali purtroppo ancora utilizzate da alcuni eserciti del mondo (tra cui l’esercito USA), che adottando una tecnologia di attivazione/disattivazione remota dei sensori potrebbero essere recuperate a seguito di un conflitto, perché ancora utilizzabili.




