L’idea di un drone spaventapasseri non è certo una novità, visto che su dronezine ne parlammo la prima volta ben 5 anni fa (qui l’articolo), ma bisogna anche ammettere che in tutto questo tempo progetti del genere sembravano essere usciti un po’ dai radar.
E invece un sistema per allontanare gli uccelli infestanti e proteggere così le colture prossime al raccolto è tornato alla ribalta tra le notizie di settore proprio in questi giorni, grazie a un progetto dell’Università di Sydney che lo sta testando nei vigneti.
Quando infatti l’uva entra nel breve periodo di definitiva maturazione che precede la fase di raccolta, il suo colore è in grado di richiamare dai dintorni centinaia se non migliaia di uccelli, capaci di razziare i frutti e rovinare l’intera coltivazione in pochissimo tempo.
Il sistema tradizionale con cui i coltivatori fanno fronte a questo problema consiste nell’installazione di reti fitte che impediscano agli uccelli di raggiungere l’uva, ma si tratta di una soluzione che richiede sia tempo che soldi. Diverse sono invece le prospettive offerte dall’idea di usare i droni al posto delle reti, perché sono più efficienti e perché – con le dovute accortezze – sembrano anche essere parimenti efficaci.
Per essere sicuri di spaventare gli uccelli, facendoli volare via dalle viti, c’è bisogno di conoscere a fondo la loro psicologia e i loro meccanismi di fuga. Un semplice drone che si alza in volo ad intervalli regolari, infatti, potrebbe col tempo diventare inefficace, perché – come insegna l’esperienza dei tradizionali spaventapasseri – dopo le prime fughe gli uccelli capiscono che si tratta di un trucco e che non c’è niente da temere.
Munire il drone di un dispositivo che riproduce i segnali acustici di allarme tipici della specifica razza che si vuole allontanare, o quelli di un uccello predatore nei confronti di essa, offre una percentuale di efficacia in più, perché il principale meccanismo di difesa di questi uccelli è proprio quello per cui l’intera comunità fugge istintivamente quando avverte il segnale di allarme dato anche da uno solo dei membri; anche in questo caso, però, alla lunga gli infestanti capirebbero che il pericolo è inspiegabilmente assente.
Zihao Wang, ricercatore dell’Università di Sydney che lavora al progetto, spiega come i suoi studi dimostrano che “Non è il movimento a spaventare gli uccelli, bensì l’allarme sonoro e l’aspetto della potenziale minaccia“. Ecco perché ha testato con successo una versione estetica del drone adattata a quella di un predatore, modificando l’aspetto del velivolo in modo che questo potesse assomigliare a un rapace della zona quel tanto che basta per mettere in fuga gli stormi di infestanti. In particolare, oltre allo speaker il drone spaventapasseri porta con sé un oggetto che assomiglia a un uccello morto, così da fugare negli storni qualunque dubbio sul fatto che in cielo ci sia un pericolo concreto.
Durante i primi test, effettuati con droni ad ala fissa che sono più fedeli all’aspetto anatomico di un uccello, i velivoli sono stati attaccati da uccelli rapaci come aquile e falchi che sono intervenuti per difendere i loro territori da un intruso, ma la scelta di virare su un quadricottero ha permesso di risolvere questo problema e di potersi concentrare solo sull’allontanamento degli infestanti.
Insomma le prospettive sono allettanti, ma secondo Wang ci vorranno ancora 2 o 3 anni prima che questa più evoluta tecnologia del drone spaventapasseri sia completamente testata e disponibile sul mercato.





