Florida: droni per scovare i pitoni birmani che infestano le Everglades

Negli Stati Uniti alcuni team di ricercatori sono stati coinvolti in un progetto di protezione della fauna selvatica della Florida, finalizzato al controllo della popolazione di pitoni delle rocce birmani, la cui presenza nelle Everglades e in altre aree naturali sta diventando pericolosa per le altre specie, al punto che molti esperti stimano l’ammontare del numero di esemplari a circa 300 mila unità.

Del resto, importati dal Sudest Asiatico negli Stati Uniti per commercio (quasi sempre illegale) a partire dagli anni ’80 e ’90, i pitoni delle rocce birmani hanno evidentemente trovato in molte aree della Florida un ambiente adatto alla loro proliferazione. Infatti gli iniziali pochi esemplari, quelli di cui i proprietari avevano deciso di disfarsi liberandoli nella natura e quelli che erano riusciti a fuggire, sono diventati nel giro di qualche decina di anni addirittura infestanti, ponendo a rischio l’equilibrio dell’ecosistema naturale.

Del resto il Python bivittatus, anche chiamato comunemente “pitone birmano” è un rettile che mediamente raggiunge i 3 metri di lunghezza, con gli esemplari più grandi e rari che sfiorano il doppio delle dimensioni, arrivando a misurare circa 5 metri e mezzo. Insomma stiamo parlando di rettili che, per via delle loro dimensioni, si posizionano in un punto piuttosto alto della catena alimentare, predando e quindi riducendo sensibilmente la popolazione di procioni, ratti, conigli e in alcuni casi persino di alligatori. Per questo motivo la autorità di tutela ambientale della Florida hanno deciso di dare il via al nuovo progetto di controllo della loro popolazione.

polizza temporanea assicurazione per lavoro con i droni
pitone vs coccodrillo everglades
Di Lori Oberhofer, National Park Service – USGS Maps Show Potential Non-Native Python Habitat Along Three U.S. Coasts, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3696304

Il lavoro vede per ora coinvolte due realtà: la Embry-Riddle Aeronautical University (ERAU) e il Warren County Community College in New Jersey. I team di ricerca dei due istituti hanno deciso di utilizzare i droni per le operazioni di individuazione dei rettili, perché – sebbene i test siano ancora alla fasi iniziale – rappresentano un sistema molto più efficace rispetto alle telecamere fisse sul campo, che offrono tassi di successo di appena il 5%.

Del resto scovare i pitoni non è affatto facile, in quanto (a dispetto delle loro dimensioni generose) sono molto abili a nascondersi tra le fitte chiome degli alberi o sott’acqua. Ecco perché sui droni, che già offrono maggiore altezza e capacità di variare l’angolo del punto di osservazione, i ricercatori stanno testando differenti tipi di sensori per capire quale sia la combinazione migliore per scovare i serpenti. Dal momento che i serpenti sono animali a sangue freddo, per scovarli mentre sono immobili e mimetizzati nel fitto della vegetazione si è finora rivelato molto utile incrociare le immagini registrate dalla telecamera RGB con quelle raccolte dai sensori a infrarossi, che invece sono sensibili alla temperatura dei corpi presenti nell’inquadratura.

L’uso dei droni, inoltre, in questo caso torna molto utile anche ai biologi per monitorare gli esemplari di pitoni birmani già marcati con chip, riuscendo a raggiungerli per via aerea in tempi molto più brevi e quindi potendo raccogliere dati prima che questi decidano di strisciare via.

Categorie News