Droni DJI, approfondimento sul caso Mediaworld, Ucraina e il sistema Aeroscope

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    Analizziamo una notizia di questi giorni:
    MediaMrkt, azienda con sede in Germania conosciuta  sul nostro territorio nazionale per detenere il marchio MediaWorld, ha bandito dalla vendita nei propri store online e fisici dislocati in Europa tutti i prodotti e i droni dell’azienda asiatica DJI.

    Non entreremo nel merito e nei dettagli della faccenda per cui vi rimandiamo alla lettura del nostro articolo: “Mediaworld rimuove droni e prodotti DJI dallo store fino a nuovo ordine“.
    Qui vogliamo solo analizzare, dal punto di visto tecnico, quanto ci possa essere di vero sul fatto che il produttore cinese con sede a Shenzen, attualmente leader di mercato per i droni e consumer, prosumer e professionali, possa effettivamente scegliere se schierarsi da una parte o dall’altra del conflitto Russia / Ucraina.

    La scelta di MediaMarkt di non trattare droni e prodotti DJI

    immagine di twwet medmarkt

    Ecco la traduzione del tweet di MediaMarkt:
    “In qualità di azienda responsabile, abbiamo intrapreso un’azione immediata e rimosso il produttore dalla nostra gamma di prodotti a livello di gruppo fino a nuovo avviso“.

    Le accuse di MediaMarket, che si sommano a quelle del vice primo ministro Fedorov, consistono nell’affermare che i droni DJI possono essere usati nel conflitto, e che il sistema Aeroscope favorisca le truppe russe a dispetto di quelle ucraine.

    immagine di vice primo ministro

    Come funziona il sistema DJI Aeroscope

    Si potrebbe definire il sistema DJI Aeroscope come piccolo radar portatile o fisso, con il quale identificare posizione del drone e posizione del pilota.

    Essendo questo un articolo dal taglio prettamente tecnico, però, precisiamo che Aeroscope, di cui abbiamo parlato in svariati articoli sulla nostra rivista cartacea, digitale e persino sul nostro blog nel dettaglio qui, in realtà non emette radiofrequenza che una volta riflessa, fornisce la posizione di un oggetto, come un vero e proprio radar.
    Essenzialmente in modo passivo capta i segnali radio emessi dal drone o dal radiocomando di controllo, ne spacchetta e interpreta i dati e ne desume per l’appunto tutta una serie di informazioni.
    Informazioni che oltre alla posizione del drone e pilota, riguardano lo stato di batterie del drone, la sua velocità, la sua altezza e tante altre cose utili.
    In sostanza sono i dati che compongono la telemetria inviata dal drone al controller e mostrata sullo schermo del dispositivo di chi lo comanda e che ne permette tra l’altro anche il pilotaggio remoto in BVLOS, ovvero oltre la portata ottica.

    Uso tattico dei droni consumer nel conflitto Russia Ucraina

    Dal punto di vista tattico questi droni (non solo DJI, va precisato) possono essere utili alle truppe di terra per avere una visuale dall’alto dello scenario di battaglia.
    Possono essere usati per individuare le posizioni del nemico o di eventuali bersagli, ma anche per cercare feriti, dispersi o una via di fuga.
    Resta  il fatto i droni DJI sono visualizzabili con il sistema Aeroscope, perché  hanno un sistema di identificazione remoto che non è disattivabile.
    Tra l’altro questa è una problematica già sollevata dal Pentagono USA, che da tempo ha bannato l’uso di droni DJI per utilizzi militari.
    immagine di aeroscope
    Nei recenti droni della serie Enterprise, al fine di offrire una maggiore garanzia a eventuali Enti governativi o istituzioni pubbliche che vogliano usare i droni per i propri servizi, la stessa azienda cinese ha deciso di abilitare il sistema definito come Local Mode, nel quale nessun dato viene trasmesso dal drone e inviato su internet.

    Ovvio che da questo punto di vista DJI parte svantaggiata agli occhi della opinione pubblica, noi stessi scrivemmo un articolo, parecchi anni fa, dove ci domandavamo dove finissero tutte quelle connessioni in uscita dal nostro smartphone connesso alla applicazione di controllo per comandare il drone.

    polizza temporanea assicurazione per lavoro con i droni

    immagine di dji ban usa
    Ma la vera domanda che tutti dovremmo farci è:

    Davvero DJI ha deciso di schierarsi pro Russia o pro Ucraina?

    E la seconda a seguire è: come potrebbe farlo?
    Partiamo da un presupposto, il sistema Aeoscope, ovvero il “simil radar“, una volta attivato, cioè registrato sui sistemi DJI come un qualsiasi drone, action cam o stabilizzatore terrestre, deve essere collegato al suo sistema di antenne, che permettono di ricevere il segnale dei droni DJI in volo, sino a 50 Km nel caso di postazioni fisse o di 5 Km nel caso del sistema Aeroscope portatile.

    Una volta completata questa operazione, può lavorare in modalità locale /stand alone o in cloud.
    La scelta spetta all’acquirente e le due licenze hanno un costo sostanzialmente molto differente, rendendo di fatto più comoda ed economica la versione in cloud, ovvero connessa in rete.

    Quindi se i sistemi Aeroscope acquistati e usati in Ucraina fossero collegati in rete, ebbene DJI avrebbe la possibilità da remoto, di inibire la visione e il posizionamento dei droni attivati in Russia.
    E se le accuse dei funzionari ucraini fossero vere, i droni attivati in Ucraina sarebbero stati individuabili, mentre quelli russi, avrebbero una modalità stealth (nascosta).

    DJI però smentisce categoricamente tale accusa con un risposta pubblica su Twitter diretta al vice primo ministro Ucraino e anche con diversi altri tweet di risposta indirizzati ai responsabili di Mediamrkt in Germania.

    immagine di djiglobal fedorov
    Traduzione parziale del Tweet a firma dell’account DJI Global su Twitter:
    “Tutti i prodotti DJI sono progettati per un uso civile e non incontrano le specifiche per un uso militare. La visibilità offerta da Aeroscope e la futura Remote ID sono una delle molte ragioni per cui il loro uso militare sia inappropriato.
    Il sistema DJI Aeroscope è costruito intorno ai recenti droni DJI e le informazioni trasmesse in broadcast dai droni in volo, non possono essere disattivate.
    DJI non ha cambiato tale funzionalità in alcun modo nei sistemi Aeroscope in uso in Ucraina.”

    Sui social italiani si parla di un crollo delle vendite dei droni DJI

    Nei social network italiani, Facebook, Youtube e persino Twitter che è diventato il “giornale radio” dove si scambiamo le informazioni in tempo reale sul conflitto che lambisce i confini europei, si parla del crollo di vendite dei prodotti DJI.
    È vero, probabilmente per ora si è chiuso il canale della grande distribuzione organizzata costituito in questo caso da MediaWorld, ma rimangono gli altri distributori, sia fisici sia online, sia italiani sia internazionali.
    Prima di decretare il funerale dei prodotti DJI, perciò, bisognerà attendere gli sviluppi della guerra in atto, che come tutti ci auguriamo anche noi che finisca presto. Non solo per il fatto di non voler più acquistare prodotti dalla Cina o dalla Russia, ma per tutta una serie di conseguenze economiche di carattere e peso ben maggiori di questa.

    La privacy esiste davvero o è solo una enorme chimera?

    Ultimissima considerazione e poi chiudiamo davvero.
    Oltre alle questioni sulle mancate osservanze della legge sulla privacy dei droni DJI, pensiamo ai nostri smartphone, all’utilizzo dei social network, a quante cose condividiamo volontariamente e spontaneamente, raccontando di noi molto di più di quello che dovremmo.
    Oppure pensiamo alle centinaia di applicazioni malevole, agli spyware ai trojan che affliggono moltissimi dispositivi mobili o personal computer di privati, aziende o enti statali.

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