Lo avevamo lasciato il 15 giugno scorso al decollo dallo Yuma Proving Ground, una struttura a disposizione dell’esercito americano, e nel frattempo il drone Zephyr, sviluppato da Airbus, è rimasto in volo per 42 giorni (e al momento in cui scriviamo deve ancora scendere) sopra il deserto di Sonora, polverizzando il precedente record nella durata di volo senza equipaggio di 25 giorni e 23 ore, stabilito sempre dallo stesso drone di Airbus nell’agosto del 2018.
Zephyr è un drone alimentato ad energia solare progettato per volare ad alta quota (l’ultimo modello vola a circa 21km da terra) e quindi ben al di sopra delle nuvole, in modo da sfruttare al massimo la sua capacità di ricaricare autonomamente le batterie che alimentano i suoi motori elettrici. Ed ecco anche il perché del suo design, caratterizzato da una fusoliera strettissima e quasi scheletrica che è accompagnata ai lati da due larghissime ali ricoperte di pannelli, che servono al drone per ottenere il massimo non solo dalla sua capacità di restare in aria, ma anche dalla produzione di energia elettrica. Grazie al suo sistema di immagazzinamento di energia, che gli consente di continuare a volare anche di notte, quando non può ricaricarsi con la luce solare, le operazioni in volo di Zephyr sono completamente “carbon neutral“.
Si tratta però di un colosso dal peso piuma, perché nonostante l’apertura alare di 25 metri il suo peso complessivo è di appena 75 chilogrammi, grazie alla struttura realizzata da compositi in fibra di carbonio. Inoltre Zephyr può alloggiare fino a 22,5 kg di payload, inclusi sensori ottici, a infrarossi, LiDAr e iperspettarli, ma anche sistemi radar e di allarme. Sensori che sono potenzialmente ancora più utili, visto che operando a circa 21mila metri di altezza, da lassù questo drone può osservare un’area al suolo di 20 chilometri per 30. Inoltre, data la sua capacità di restare in quota per molti giorni di seguito, Zephyr si presta anche ad essere impiegato come affidabile piattaforma per le comunicazioni locali (ricordiamo che uno dei propositi del progetto Aquila, prima lanciato e poi abbandonato da Facebook, era proprio quello di portare internet nelle zone più remote con un drone del tutto simile a Zephyr).
Airbus ha descritto Zephyr come “Il primo UAS stratosferico del suo genere“, ma un’altra definizione potrebbe essere quella di “HAPS“, che starebbe per “High Altitude Platform Station”. In effetti, visto ciò di cui è capace e ciò per cui potrebbe essere sfruttato al meglio, un oggetto del genere è da considerarsi più una sorta di satellite che un velivolo tradizionale.
I prossimi progetti per Zephyr riguardano dei test sull’Oceano Pacifico mentre porterà in volo un payload sviluppato dall’esercito USA, ma prima di farlo ripartire dovremo aspettare che atterri.