Droni nei parchi nazionali: trattateci come i pescatori!

La questione del volo nei parchi nazionali è sempre d’attualità. Anche l’ultimo intervento del nostro columnist esperto in questioni legali, l’avvocato Francesco Paolo Ballirano è stato uno degli articoli più cliccati del mese.

immagine di pn
Vasti come il Belgio
I parchi nazionali in Italia sono 25, e 134 i parchi regionali. Insieme coprono una superficie di 29 mila chilometri quadrati, un territorio grande quasi come il Belgio.
(image courtesy Wikipedia)

Non stupisce che la faccenda sia così sentita dai dronisti. Oltre alle ovvie considerazioni sulla magnificenza dei paesaggi dei nostri parchi, le aree protette comprendono una grossa fetta del territorio: solo i parchi nazionali sono 25 (uno dei quali istituito ma non operativo), che complessivamente coprono una superficie di oltre 1.600.000 ettari (16.000 km², corrispondenti a circa il 5,3% del territorio nazionale) a cui si aggiungono 134 parchi regionali, per altri 1.300.000 ettari (13.000 km²). Se contiamo anche le aree protette senza status di parco regionale o nazionale, si arriva a un totale di 871, il 10,5% della superfice del nostro Paese l‘8,82% dello sviluppo costiero.

La necessità di proteggere la natura è indiscutibile, già nel 1987 la Corte costituzionale ha definitivamente chiarito che l’ambiente è “un bene giuridico riconosciuto e tutelato da norme” e la sua protezione rappresenta un “diritto fondamentale della persona umana”, oltre che un “valore costituzionale primario” insieme a quello alla salute individuale e collettiva.

Ciò detto, i più recenti principi europei e delle Nazioni Unite hanno portato a stilare la lista degli SDGS, gli obiettivi mondiali di sviluppo sostenibile, «per garantire a tutti il diritto a fruire del territorio e a coltivare le proprie passioni».

In altre parole, i parchi hanno un duplice scopo: da un lato tutelare la natura, dall’altro permetterne la fruizione, sottolineando «l’importanza di una responsabilità individuale nel rispetto e ove possibile nel miglioramento di questi territori e degli equilibri ecologici».

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Bisogna trovare quindi un punto di equilibrio che garantisca sia la protezione ambientale sia la fruizione della natura, anche quando si vola responsabilmente con i droni.

Cosa vorremmo in un mondo perfetto

I parchi nazionali a nostro avviso dovrebbero tutti quanti dotarsi di una riserva di spazio aereo, la famosa “Zona UAS” che ha il grande merito di separare, una volta tanto, i droni dagli aeroplani per consentire una “regolazione fine” dei diritti e doveri dei piloti remoti diversa da quella degli aeroplani, che ovviamente hanno un impatto ambientale immensamente superiore rispetto ai nostri moscerini elettrici.

Questa regolazione fine, in un mondo perfetto, invece di proibire tout court il volo, dovrebbe delegare al parco la gestione dei permessi: sono gli esperti del parco a sapere in quali zone si può volare senza arrecare disturbo alla fauna selvatica e dove invece no, magari perché ci nidificano gli uccelli protetti, e in quali stagioni il volo in una certa area del parco è da vietare per ragioni ambientali e in altre invece si può consentire.

Vicino a casa mia c’è una magnifica area protetta, in cui ci sono due campeggi e molti pescatori: queste attività all’aria aperta e le esigenze di protezione della natura sono in equilibrio grazie a regolamenti precisi e finemente tarati che dicono ai pescatori quali prede possono catturare e quali devono rilasciare, e ai campeggi quali strutture possono utilizzare e quante persone possono ospitare.

Trattateci come i pescatori, diteci cosa possiamo fare e come e dove, magari dateci una licenza a pagamento e vi dimostreremo che i droni non sono Attila ma una attività ricreativa intelligente che sa essere rispettosa della natura. Proprio come i pescatori.

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