Giorni fa, durante un’ispezione nelle celle del carcere di Lecce, sono stati scoperti panetti di droga e 18 cellulari. Si tratta dell’ennesimo ritrovamento del genere nelle carceri italiane, un episodio che rinnova le preoccupazioni per la massiccia introduzione di merci di contrabbando all’interno degli istituti penitenziari, un fenomeno del quale anche noi vi abbiamo spesso raccontato, come ad esempio in questo articolo.
“Questo ritrovamento è uno dei tanti e segue quelli gravissimi delle scorse settimane a Foggia, Bari, Trani. Nonché a Taranto, dove gli agenti di polizia penitenziaria hanno rinvenuto 6 telefonini con relativi cavetti di ricarica nascosti nelle docce dell’istituto”, denuncia Federico Pilagatti, segretario Nazionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che nell’intervista rilasciata a Interris.it spiega come negli ultimi anni questo trend continui ad aumentare a dismisura, perché i criminali, per organizzare ed effettuare le consegne, sfruttano sempre meglio le nuove tecnologie tra cui i droni.
“Il SAPPE ritiene che l’aumento dell’introduzione di materiale vietato in carcere sia stato agevolato dallo sviluppo della tecnologia e, nello specifico, dall’utilizzo dei droni, vale a dire degli oggetti volanti piccoli e leggeri controllati da remoto da un pilota posto fuori dalle mura carcerarie. Del loro utilizzo si parlava da tempo, ma la certezza si è avuta quando queste apparecchiature sono state ritrovate lo scorso gennaio nel carcere di Taranto dopo essere cadute all’esterno delle stanze detentive. I droni sono il metodo migliore per far entrare direttamente nelle celle cellulari e droga, senza rischiare quasi nulla”.
Per consegnare merci vietate in carcere con i droni, i criminali all’esterno sfruttano degli evidenti limiti nei controlli, dovuti alle scarse risorse economiche su cui le carceri possono puntare. A questo proposito Pilagatti conferma spiegando che “I muri di cinta sono sguarniti a causa della costante mancanza di personale. Inoltre, in molti casi, gli impianti di allarme anti intrusione sono non funzionanti. La criminalità organizzata si serve per i propri scopi delle apparecchiature più moderne e costose, mentre noi siamo rimasti all’800, con le chiavi di ferro per aprire e chiudere i cancelli”.
Oltre alla carenza di personale, c’è quindi anche una diffusa situazione di arretratezza tecnologica che grava sugli istituti penitenziari, una condizione per la quale “Come SAPPE da anni chiediamo ai responsabili delle carceri italiane di intervenire con apparecchiature elettroniche per schermare il carcere in grado sia di bloccare l’uso dei cellulari inviando onde radio di disturbo sulla stessa frequenza dei telefonini, sia di disturbare il volo dei droni. Ma, ad oggi, nulla è cambiato. Se non fermiamo i droni le conseguenze saranno drammatiche. Non si scarichino poi le colpe sugli agenti, che lavorano in condizioni disumane, tra sovraffollamento e carenza di personale” – racconta Pilagatti.
Ma come è possibile consegnare droga, cellulari o persino armi all’interno di un carcere con un drone? E come si può impedirlo? Se vi incuriosiscono questi temi, vi suggeriamo di leggere questo articolo e guardare il video con la spiegazione tecnica di Stefano Orsi.




