Cara D-Flight, meritiamo di meglio

LinkLoss – di Sergio Barlocchetti

In occasione del Rally aereo di Lombardia 2023 è stato emesso un Notam, come tutti gli anni. Si trattava semplicemente di un’allerta per “l’intenso” traffico VFR – all’incirca una decina di aeroplani – che per alcune ore avrebbero frequentato una porzione di spazio aereo Golf tra il cielo lombardo e quello piemontese. Ma…

La gara aveva partenza e arrivo sullo scalo di Bresso, e come in tutte le altre aree dello spazio aereo nazionale rimanevano valide le Rait, le regole che stabiliscono la quota minima di 500ft e la massima alla base della TMA di Milano, la cui minima è 2500ft, almeno in quel settore.

Direte: che c’entra con i droni? Risposta: che d-Flight ha fatto apparire un’immensa chiazza rossa ovunque in quell’area della durata di due mesi, così è sembrato che a causa di dieci aeroplanini monomotori che da mille piedi, volando a 90 nodi circa erano in cerca di incroci stradali e monumenti (il rally è una gara di regolarità), nessuno potesse volare in tutta quella zona con un drone.

Non è l’unico episodio di assurdità riportato recentemente sul portale obbligatorio per i dronisti, in occasione del Festival della Lirica di Verona un Notam temporaneo con validità giornaliera in orario definito si è trasformato in h24, seppure qualche tempo dopo sia stato corretto.

Diventa quindi necessaria qualche riflessione. Intanto: o il portale è fedele, oppure è inutile. O è ufficiale ed è da considerarsi un “service provider certificato” secondo gli annessi ICAO numero 4, 11 e 15, oppure è un “giocattolo”, come del resto dice la nota che ricorda che si deve comunque controllare la cartografia ufficiale, e allora spiegateci a che serve. Vedi mai che anche il registro operatori alla fine sia soltanto una rassicurazione per Enac usata a fini statistici.

La questione è complessa: può una società comunque pubblica, partecipata in parte da una privatizzata, con all’interno la presenza di un costruttore e operatore decisamente ingombrante (Leonardo) essere anche regolatore e pubblico registro degli operatori, ma fornendo indicazioni non garantite?

Secondo me no, è invece una vera anomalia che mette una pezza alla CE 2019/947, che andrebbe ridiscussa alla prima seduta post elezioni europee del prossimo anno. D-Flight potrebbe essere uno strumento non solo utile ma anche indispensabile; invece, appare come un’opera che sembra non aver avuto le risorse necessarie per maturare, che appare incompiuto nella forma e nella sostanza. E si sa che in democrazia la forma è essa stessa sostanza.

Va bene il marketing, apprezzabile il video di presentazione in slow-motion, passi anche la modalità di pagamento via Enac, ma non si può vedere una grafica approssimativa delle mappe, è migliore su Google-Earth, e soprattutto non è possibile che una semplice allerta di traffico VFR, oppure un notam dalle 17 alle 23.30 diventino un “non volare tout-court” senza che ciò faccia sorgere un minimo di dubbio da parte di chi quel Notam lo inserisce e di chi lo controlla.

Sul fronte dei controlli, quale sia la procedura aziendale è un mistero. Così, oltre ad aver reso la normativa un incubo di complicazioni – ma basata su rigorosi e illuminati principi di proporzionalità del risk-management, evidentemente creati da comandanti di scrivanie – diventa un terribile freno per un Paese che vuole essere avanzato nelle sue attività UAV e invece appare lento e farraginoso. Se un portale avoca a sé funzioni di registro, controllo, autorizzazione e consultazione, ma senza prendersene fino in fondo le responsabilità, come invece ICAO prevede per tutti i “Service provider” degli spazi ATS, qualcosa non funziona.

E corre il rischio di perdere la sua caratteristica principale: l’affidabilità, che poi si legge credibilità. A cominciare da ENAV che invece quel lavoro lo fa come si deve. E così aumentano coloro che cominciano a chiedersi quanto sia costato, e continui a costare D-Flight ai già oberati contribuenti italiani, per poi dire agli operatori (registrati) cose da controllare altrove come quei Notam. Altro che “Vision”, o “Enabling” ed altre parole da “global player” sulla confezione della landing-page, qui serve chiarezza.

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