Non c’è tregua per l’agricoltura romagnola, che dopo le pesanti alluvioni del 2023 e 2024 si trova ancora una volta a fare i conti con gli effetti drammatici del cambiamento climatico, con importanti precipitazioni che hanno flagellato il territorio anche nel corso degli ultimi mesi.
Con una tale frequenza e abbondanza di rovesci, i terreni vanno incontro ad asfissia, e le ordinarie pratiche agronomiche di lavorazione o concimazione dei campi sono rese complicate o in alcuni casi addirittura impossibili per via del difficile accesso alle zone da coltivare.
Come riporta questo articolo su Cesena Today, “le cooperative braccianti hanno già espiantato oltre 300 ettari di grano per marcescenza dei semi o asfissia delle radici. Stravolti per diverse colture la programmazione delle semine (cerealicole e foraggere in particolare) e i trapianti primaverili (per bietola, bietola da seme, cipolla, pomodoro, coriandolo e altre)”.
In uno scenario del genere, i droni possono però offrire un contributo importante, permettendo una semina e una concimazione dall’alto che permetta di bypassare i limiti di accesso ai terreni allagati. Ovviamente attività del genere, da sole, non saranno sufficienti, perché solo un repentino miglioramento delle condizioni meteorologiche e l’affermarsi di una fase stabile di tempo meno perturbato, potrà raddrizzare una situazione che altrimenti offre solo prospettive nefaste, con molte superfici che resteranno incolte.
A questo proposito Paolo Lucchi, presidente di Legacoop Romagna, ha spiegato che “Il negazionismo del riscaldamento globale è ormai superato dai fatti, è una questione che non si può più nemmeno discutere. Occorre che le istituzioni, a ogni livello, si muovano concretamente, superando la logica dell’emergenza di corto respiro. Serve rafforzare il sostegno alle aziende agricole per gli investimenti di ripristino e funzionalità dei terreni, nonché un fondo apposito per il cambiamento climatico, a livello nazionale ed europeo, in cui convogliare tutte le risorse e a cui attingere non solo per la ricostruzione, ma per realizzare opere di mitigazione e adattamento alle conseguenze del riscaldamento globale. Non si possono scaricare sui redditi degli agricoltori i costi della conversione ecologica”.




