Dazi USA e Opportunità: Taiwan alla riscossa coi Droni “Not Made in China”?

Negli ultimi mesi le dichiarazioni e le decisioni di Trump hanno portato un grande e costante subbuglio sullo scenario economico mondiale, costringendo praticamente tutti i Paesi del mondo a ripensare i loro rapporti economici, sia valutando l’apertura verso nuovi partner commerciali, sia ridefinendo le priorità interne.

Anche se i dazi imposti dagli USA hanno soffiato forte sul tavolo dei mercati mondiali e scombinato molte carte che eravamo abituati a vedere giocate, però, in questa ventosa ed incerta fase della partita ci sono alcuni trend – davvero pochi – che invece potrebbero perfino consolidarsi, fatti salvi eventuali colpi di scena che avrebbero del clamoroso, ma che comunque, visto il momento vulcanico, non si possono escludere.

Uno di questi riguarda senza dubbio il trend anti-Cina che riguarda i prodotti commercializzati negli Stati Uniti, un aspetto che trattando di droni abbiamo avuto modo di individuare già diversi anni fa, quando i primi senatori USA iniziarono a fare la guerra alla tecnologia straniera diffusa nel proprio Paese, cercando di limitare il business delle aziende estere per proteggere lo sviluppo del settore produttivo nazionale, incapace di reggere la sfida competitiva con i prodotti provenienti da fuori. A questo proposito vale la pena ricordare che, sotto lo scudo delle preoccupazioni per un possibile spionaggio da parte di Pechino, nel 2020 il “primo” Trump aveva già bannato l’uso dei droni DJI da parte delle agenzie governative.

Da notare che il peso e gli effetti concreti di queste politiche sono aumentati nel corso degli ultimi anni, e che i recenti e altissimi dazi imposti nei confronti dei prodotti di importazione cinese dall’amministrazione Trump, che come abbiamo detto in questo precedente articolo si apprestano a far schizzare in alto anche il prezzo dei droni DJI, rappresenta la conferma di questo fenomeno, una delle pochissime mosse che il presidente americano non ha (ancora?) ritrattato.

Taiwan come alternativa alla Cina?

Ma se la guerra commerciale degli USA verso la Cina (e di conseguenza DJI) offrisse anche altri player l’occasione per fare più affari? È quello che sperano a Taiwan, dove Coretronic Intelligent Robotics Corporation (CIRC), sussidiaria del gigante dell’elettronica Coretronic, punta ad aumentare le esportazioni dei propri droni negli USA proprio giocando la carta dell’ideale alternativa ai cinesi.

Infatti i droni professionali della CIRC come l’Hummer, l’Hummer 2-ISR e gli altri vengono orgogliosamente presentati come Not Made in China. Anzi, come riporta questo articolo su The Economist, l’azienda di Taiwan utilizza nel dettaglio l’espressione: “These drones are 100% zero-red”, sottolineando che nessuna parte dei suoi velivoli è di fabbricazione cinese.

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Del resto Taiwan possiede un’industria di semiconduttori particolarmente avanzata, e le sue aziende vantano eccellenti tecnologie nel campo dell’IA. I prezzi dei loro prodotti non sono poi così distanti da quelli offerti dalle aziende cinesi, e il sacrificio di una maggiore spesa potrebbe essere considerato adeguato, se rapportato al vantaggio di utilizzare tecnologie più sicure da un punto di vista non solo tecnico, ma anche e soprattutto politico.

Insomma, prodotti “Not Made in China” potrebbero ottenere nei prossimi tempi un maggiore successo in mercati, come quello USA, che hanno una regolamentazione sempre più rigida e stringente sui requisiti tecnici e di sicurezza – anche e soprattutto informatica – stabilita per ostacolare il business delle aziende estere in favore di quelle interne. Il nodo della faccenda però è proprio questo: se da un lato un prodotto Made in Taiwan può avere un qualche vantaggio in un mercato con regole ostili alla provenienza cinese delle merci, dall’altro il fine ultimo di queste decisioni economico-politiche rimane quello di tutelare il comparto produttivo americano, ossia i prodotti Made in USA.

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