DJI ha appena portato in Europa il suo robot aspirapolvere ROMO, un prodotto che rappresenta la nuova frontiera domestica per il colosso dei droni. Ma mentre in Italia, Francia, Germania e Spagna è già acquistabile, il mercato statunitense (che per opportunità di business è nettamente più rilevante) resta un’incognita: nessuna data di lancio, nessuna previsione ufficiale. E, a ben vedere, la spiegazione non è tanto di natura commerciale, quanto geopolitica.
Un lancio sospeso che racconta molto più di un ritardo
L’assenza del ROMO negli Stati Uniti arriva in un contesto dove la tensione è alta da un po’, con Washington che tiene bene al centro del mirino i prodotti cinesi. Circa un mese fa, infatti, il Dipartimento del Commercio americano ha infatti aperto un’indagine formale per verificare se i droni importati – in particolare quelli prodotti dalle due aziende cinesi – possano danneggiare o minacciare l’industria statunitense.
L’indagine è stata avviata sulla base della cosiddetta “Section 232”, la norma che consente al governo USA di imporre restrizioni su prodotti stranieri quando ritiene che questi possano compromettere la sicurezza o la capacità produttiva interna. Si tratta dello stesso strumento utilizzato in passato per introdurre dazi su acciaio e semiconduttori. Oggi, il suo impiego contro i produttori di droni apre un nuovo capitolo della contesa tecnologica tra Stati Uniti e Cina.
DJI nel mirino: tra indagini e accuse ricorrenti
DJI, che domina oltre il 70% del mercato americano dei droni civili, è da tempo oggetto di sospetti da parte delle autorità statunitensi. Le accuse non sono nuove: prezzi troppo bassi, presunti sussidi statali e potenziali legami con Pechino che potrebbero tradursi in vulnerabilità nella gestione dei dati. Anche Autel, utilizzata da enti pubblici e infrastrutture critiche, si trova nella stessa situazione.
Il Dipartimento del Commercio ha avviato una fase di consultazione pubblica di 21 giorni per raccogliere pareri e osservazioni, ma la direzione sembra già tracciata. Come riportato da Reuters, l’inchiesta rientra in una serie di misure avviate dal governo americano per ridurre la dipendenza tecnologica dalla Cina e rafforzare il controllo su prodotti considerati “strategici”.
Trump, Pechino e la “pace” che non c’è
Solo poche settimane fa, il presidente Donald Trump aveva annunciato un presunto riavvicinamento con la Cina, frutto di un nuovo accordo commerciale che sembrava segnare una fase di distensione. Ma i fatti raccontano una storia diversa. Come evidenzia il Washington Post, le nuove direttive presidenziali potrebbero anzi inasprire le restrizioni su importazioni e vendite di prodotti tecnologici cinesi, inclusi i droni.
È quindi difficile parlare di “pace”. L’indagine su DJI e Autel, sommata al mancato lancio del ROMO negli Stati Uniti, sembra piuttosto indicare che, dietro i proclami e le apparenze, il braccio di ferro tra Washington e Pechino è tutt’altro che risolto. Una tregua simbolica per tranquillizzare i mercati, ma dietro la quale si nascondono ancora diffidenza, protezionismo e una competizione sempre più accesa nel campo dell’innovazione tecnologica.
Tra regolamenti e mercato: un futuro incerto per DJI negli USA
Le conseguenze potrebbero essere significative. A dicembre 2024, il Congresso americano aveva già approvato una legge che consente di bloccare l’ingresso di nuovi modelli DJI nel Paese. Ora, con questa nuova indagine, si apre la strada a misure ancora più dure: dazi doganali, restrizioni operative e, nel peggiore dei casi, un divieto totale d’importazione.
Risultato? Un paradosso evidente: mentre l’Europa accoglie con entusiasmo le nuove soluzioni domestiche del marchio cinese, gli Stati Uniti si chiudono sempre più a ogni prodotto “made in Shenzhen”. L’incertezza sulla data di lancio del ROMO nel mercato americano è solo un sintomo di una tensione molto più ampia, dove ogni innovazione diventa anche una questione di sovranità tecnologica.
Ad ogni modo non è detto che tutte queste misure segnate sulla lavagna non spariscano (almeno in buona parte) di colpo con una bella passata di cancellino, perché il tira e molla tra USA e Cina, anche se è un tema che tiene banco da molto tempo, è ancora molto lontanissimo dalle battute conclusive.
 




