Droni ad ala fissa piuttosto grandi hanno attaccato il più grande impianto petrolifero del mondo ad Abqaiq, in Arabia Saudita. L’azione, che risale al 10 settembre scorso, è stata rivendicata dai ribelli houthi dello Yemen, gruppo sciita sostenuto dall’Iran. Quasi dimezzata la produzione di petrolio saudita. Gli USA puntano il dito contro l’Iran, che peraltro è molto più vicino (circa 350 km) al luogo del raid rispetto allo Yemen, che dista circa 800 km, comunque nel raggio d’azione dei droni kamikaze UAV-X delle milizie yemenite, capaci di un raggio d’azione di 1500 chilometri.

Al momento in cui scriviamo non è ancora certo se ci siano state vittime, ma l’assalto rivendicato dalle milizie houthi yemenite è stato devastante. Gli impianti sono stati fermati e il Paese ha praticamente dimezzato la produzione petrolifera che perderà 5,7 milioni di barili al giorno. Per l’attacco sono stati usati droni kamikaze UAV-X, che non dispongono di armamento ma sono imbottiti di esplosivo.
Immediata fiammata sui prezzi del petrolio, Il greggio alla riapertura dei mercati ha registrato il maggior rialzo da sempre, + 12 dollari al barile nei primi secondi di contrattazione, per poi abbassarsi leggermente Un rincaro eccezionale che potrebbe incidere pesantemente sulle nostre tasche: con il petrolio a 100 dollari, la benzina potrebbe arrivare a quita 1,80 euro. Il colosso petrolifero saudita Aramco, la maggior compagnia petrolifera al mondo, ha dovuto ammettere l’interruzione nella produzione da 5,7 milioni di barili al giorno. Peggio di quello che è accaduto nel 1990 quando Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait.





