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Primi di aprile 2020 – il comandante della Polizia locale del mio piccolo paese (XXXX in Lombardia di circa 5.000 abitanti) mi contatta per chiarimenti in merito all’utilizzo di droni per il controllo del territorio. Non avendo Loro droni in diretta disponibilità (né personale regolarmente abilitato), mi fa vedere la fotocopia dell’attestato di uno che si è “proposto”.
Faccio notare che manca l’abilitazione CRO, che devono verificare la presenza di QR code sul drone del proponente, assicurazione non hobbistica, documentazione del drone etc..
Piuttosto, gli suggerisco di cercare sul web un professionista con tutti i suddetti requisiti per soddisfare le esigenze dell’Amministrazione comunale per la sorveglianza e non solo (ipotizzo, riprese del borgo in lockdown).
Ritorna un paio di gg dopo chiedendomi ulteriori conferme e delucidazioni sul Reg. ENAC (Ed. 3 del 11/11/2019) che corrispondono con quanto già riferitogli da un funzionario di Polizia della Questura di Milano.
Per quanto lo riguarda, con la normativa in vigore il suddetto “proponente” senza CRO, QR code e relativa documentazione del drone non può volare sull’edificato del paese.
A quel punto, il mio dovere verso la comunità e la legge l’ho fatto e non ho alcun motivo di dubitare che il mio Comune non si avvarrà di un “professionista” che non risponde a precisi requisiti normativi.
Questo fino al pomeriggio del 27/04/20, quando “sento” il suddetto “proponente” che si “esercita” in fondo alla via in cui abito.
Risiedendo nell’ultima palazzina confinante con campi agricoli, quando qualcuno fa decollare un mavic (1 o 2 non so, certamente non un mavic-mini e comunque superiore a 249 grammi) me ne accorgo, soprattutto dato che il decollo avviene circa 10 metri dal mio cancello pedonale.
Esco sulla strada, faccio cortesemente presente al “proponente” pilota che dovrebbe stare (a prescindere dal lockdown che obbliga tutti a stare in casa) ad almeno 150 mt dalle case.
Risposta: a parte voltarsi a vedere chi lo “disturbasse”, zero, ha continuato a testare il mavic sulla sua verticale o spingendolo al max a 30-40mt da lui, verso i campi agricoli.
Sinceramente, sono almeno 2 mesi che non volo, vorrei esercitarmi come ho sempre fatto, in piena campagna ad almeno 300 metri dalle prime case (con attestato non critico, doc del drone, assicurazione etc.) ma, come tutti, sono a friggere in casa.
Quindi chiamo i vigili, che non rispondono subito.Mi richiama dopo un’ora più o meno. il Comandante dei Vigili che, oltre a chiedermi per favore di non fare polemiche (5 volte), mi spiega che, seppur lui non abbia autorizzato il “proponente” a volare sul paese e conseguentemente ben informato l’Amministrazione in tal senso, il Sindaco (che è anche il suo datore di lavoro) ha bypassato normativa e Polizia locale e incaricato il suddetto “proponente” a volare sul centro abitato.
Come risultato vi è una ripresa della piazza del borgo che sono state inserite nell’incipit di un video che l’Amministrazione ha presentato il 20/04/20 sulla sua pagina Facebook.
Non escludo che altre riprese saranno inserite in altri video “promozionali” del mio Comune.
A mia domanda precisa, il Comandante della Polizia locale ha risposto che non sa (o non vuol sapere) se sia stato corrisposto un compenso, anche perché estromesso da tutta l’eventuale “trattativa” tra Sindaco e “proponente”.Non è mia intenzione, anche se la tentazione è molto forte, sporgere segnalazione / denuncia per quanto accaduto, soprattutto per non coinvolgere la Polizia locale che si è dimostrata scrupolosa e normativamente corretta (purtroppo non fino in fondo) ma che ora, da come ho descritto la situazione, si trova tra incudine (la norma) e il martello (il Sindaco).
Se non vi sono a livello locale autorità a cui appellarsi, come posso “convincere” la mia Amministrazione ad avvalersi di professionisti regolarmente abilitati (e non parlo del sottoscritto) e a rispettare la normativa in vigore per quanto riguarda i voli di droni sul centro abitato (riprese o controllo del territorio che siano)?
In altre parole, vi è o vi sono enti sovraordinati a cui fare riferimento per far “richiamare all’ordine” l’Amministrazione del mio Comune?
L’art. 114 della Costituzione dispone che “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.
Non vi è dunque un ente generalmente sovraordinato rispetto al Comune, il quale mantiene una propria autonomia nell’esercizio delle proprie funzioni.
Tuttavia, tra i vari poteri attribuiti ai Sindaci, vi è quello di agire anche quale ufficiale del Governo. In tal senso il Sindaco rappresenta un’articolazione territoriale del Governo nazionale, svolgendo, tra l’altro, attività quali “emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica (..) svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge (..) vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone il prefetto” (art. 54 del D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, cosiddetto “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”).
In tale veste il Sindaco in qualità di ufficiale del Governo è sottoposto gerarchicamente al Prefetto, che ne rappresenta una più ampia articolazione territoriale.
Quindi, ove ci fossero problematiche in tal senso il Prefetto potrebbe intervenire per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico. Proprio per tali ragioni, ad esempio, è accaduto recentemente che talune ordinanze emanate dai Sindaci siano state annullate dai Prefetti in quanto illegittime.
In ogni caso, pur volendo dare per scontato che il Comune abbia agito nell’ambito delle proprie competenze, se è stato fornito un compenso al “proponente” saranno stati emessi sicuramente atti amministrativi relativi all’incarico attribuito.
L’attribuzione di un incarico senza rispettare quanto previsto della normativa vigente potrebbe motivo di impugnazione davanti al Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competente.
In tal caso sarebbe utile analizzare il provvedimento con cui il Sindaco ha “incaricato” il proponente a svolgere attività per conto del Comune, casomai facendosi aiutare dalle associazioni di categoria che sono in generale portatrici di interessi legittimi e quindi in grado di impugnare eventuali provvedimenti emessi in violazione della legge.
Gli enti associativi, infatti, sono legittimati ad esperire azioni a tutela degli interessi legittimi collettivi di determinate comunità o categorie, ed in particolare l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità.