Responsabilità dell’operatore: le conseguenze della registrazione obbligatoria dei droni

Di Francesco Paolo Ballirano

La registrazione obbligatoria dei droni (o meglio degli UAS) rafforza la centralità della figura dell’Operatore, rispetto a quella del pilota, sulla responsabilità delle operazioni UAV. Ma in un quadro normativo europeo  ancora in divenire, frammentato e per certi versi poco chiaro. E nessun mercato unico può svilupparsi senza un quadro normativo definito e completo, che includa e disciplini le norme per i danni causati a persone o cose sulla superficie e in aria.

Come a tutti noto, dal 31 dicembre 2020 è entrato in vigore il “pacchetto droni” europeo (Regolamento UE 2018/1139, Regolamento Delegato UE 2019/945 e Regolamento di esecuzione UE 2019/947, nonché le AMS e GM dell’EASA). Si tratta di una svolta epocale, cui l’ENAC si è adeguata pubblicando un nuovo regolamento, il Regolamento UAS-IT del 4 gennaio 2021, che va a completare, negli ambiti di propria competenza, le disposizioni previste dalla normativa europea. 

In tale contesto, l’adeguamento della normativa nazionale a quella europea è in fase di assestamento, proprio per procedere ad una puntuale applicazione delle nuove regole, dalle quali ovviamente scaturiranno nuove considerazioni, anche dal punto di vista giuridico. Uno dei temi che sembra destare (a ragione) maggiore attenzione è il nuovo sistema di registrazione. Infatti ai sensi delle disposizioni previste dall’ art. 14, punto 5, lett. a) e lett. b) del Regolamento di esecuzione UE 2019/947 è previsto l’obbligo della registrazione per gli operatori, ad esclusione di quelli che operano in categoria aperta utilizzando aeromobili senza equipaggio con MTOM inferiore ai 249 grammi senza l’utilizzo di una telecamera. 

L’adeguamento appena citato non è solo un semplice adempimento burocratico, ma ha anche un significato sostanziale e, come si diceva, ha delle conseguenze soprattutto giuridiche.  La normativa europea impone la registrazione dell’operatore e non dell’APR con ogni maggiore responsabilità che gestisce le operazioni sulla persona, sia essa fisica che giuridica, chiamata ad essere identificata sulla base della registrazione. Ed infatti, il pagamento e la stampa di un numero di registrazione è onere dell’operatore e serviranno ad identificare tutti i droni eserciti dal medesimo.

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Il concetto è importante, in quanto, ancora una volta, centro nevralgico delle responsabilità, non è tanto il pilota ma l’operatore, rendendo ancor più evidente la separazione tra drone/pilota/operatore, ribaltando solo ed esclusivamente su quest’ultimo la responsabilità di tutta la (potenziale) flotta di droni in suo possesso.

Ovviamente bisogna distinguere tra responsabilità penale e responsabilità civile. Se la prima grava sul pilota, la responsabilità civile in caso di incidente viene imputata all’esercente del velivolo (sia esso con pilota a bordo o meno) del quale il pilota rappresenta il principale preposto. Se quindi il pilota è un preposto dell’operatore, il drone ne rappresenta solamente uno strumento esecutivo. 

Così delineata la distinzione tra operatore, pilota e drone, appare opportuno avviare una riflessione su un’opportunità che è sfuggita al legislatore europeo nel dettare la disciplina sui droni. 

Alla centralità dell’operatore delineata nel pacchetto droni europeo non corrisponde un adeguato sistema che ne identifichi le responsabilità in caso di danni. Ad esempio, la Convenzione di Roma del 1952 che disciplina la responsabilità dei danni a terzi sulla superficie si è dimostrata uno strumento inadeguato. Men che meno, non esiste alcuna disciplina uniforme relativa ai danni derivanti dall’urto tra aeromobili. Nell’Unione Europea, quindi, non esistono norme armonizzate sulla responsabilità civile in caso di danni causati da aeromobili (con equipaggio o senza equipaggio). Sotto tale aspetto, il regolamento CE/785/2004 sull’obbligo di assicurazione – richiamato dal Regolamento UAS IT – è l’unico regolamento armonizzato sulla responsabilità civile dell’operatore e introduce solo un sistema assicurativo obbligatorio, ma non disciplina un regime unificato relativo alla responsabilità civile dell’operatore in caso di danni.

In conclusione, all’armonizzazione a livello europeo delle norme relative all’utilizzo dei droni non ha fatto seguito una conseguente armonizzazione delle responsabilità dell’operatore, che rimane ancora frammentaria. Nessun mercato unico può svilupparsi senza un quadro normativo chiaro e completo, che includa e disciplini le norme per i danni causati a persone o cose sulla superficie e in aria. L’assenza di norme che identifichino chiaramente il danno da risarcire, le vittime e l’importo del risarcimento impedisce anche al mercato assicurativo di espandersi, non essendo sempre possibile comprendere qual è il rischio da coprire. Gli strumenti giuridici per raggiungere questo obiettivo purtroppo rimangono poco chiari. 

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