Droni e Parchi Naturali: Cosa Bisogna Sapere

In Italia abbiamo 871 EUAP, ossia aree naturali protette (qui trovate la pagina EUAP su Wikipedia se volete approfondire), divise tra 24 Parchi nazionali, 27 Aree Marine protette, 147 Riserve naturali statali, 3 Altre aree naturali protette nazionali, 134 Parchi naturali regionali, 365 Riserve naturali regionali e infine 171 Altre aree naturali protette regionali. I numeri, che indicano la quantità di aree naturali protette per ciascuna sottocategoria, così come riportato nell’elenco ufficiale censito dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione per la Protezione della Natura, aggiornato l’ultima volta nel 2010, spiegano bene quanto la natura rappresenti nel nostro Paese una risorsa di primaria importanza.

E lo sanno bene anche i dronisti, che di questo incredibile patrimonio naturalistico sono tra i più grandi estimatori. Molti di loro svolazzerebbero senza smettere mai sopra laghi, montagne, promontori e isole che offrono scorci di rara bellezza, in alcuni casi ancora pressoché incontaminata.

Ma volare nei parchi, siano essi nazionali, regionali o altro tipo di aree protette, non è così facile, perché ci sono da un lato gli interessi degli Enti parco, che mirano alla tutela dell’ambiente e in particolare della avifauna che il loro territorio ospita, e dall’altro il classico intricato scenario legislativo all’italiana che, alla luce del recente arrivo dei droni sulla scena normativa, dimostra una volta di più di digerire le transizioni con grande difficoltà.

In questa guida cerchiamo di raccogliere e fare luce sui problemi concreti e gli aspetti normativi attuali che incontra chi desidera volare col drone nei parchi, provando ad offrire una serie di consigli che speriamo possano essere utili a godersi la passione dei droni al riparo dal rischio di denunce e, in generale, con maggiore consapevolezza e serenità.

Problemi

Disturbo degli animali

Può sembrare scontato, ma è opportuno sottolinearlo perché è anche il più importante. Nelle aree protette non ci sono aeroporti o strutture sensibili sopra le quali è vietato volare, l’unico interesse in gioco è la tutela dell’ambiente: ragione stessa dell’esistenza dell’area protetta. È la salvaguardia della flora e della fauna del luogo, e in particolar modo delle eventuali specie protette, il motivo per cui la legge ostacola nelle aree protette molte attività umane che invece si possono svolgere con facilità in altri luoghi.

A questo proposito, tra le argomentazioni degli appassionati di droni, è frequente ascoltare frasi come “Che fastidio vuoi che dia il mio piccolo drone rispetto a un gruppo di persone che schiamazzano ad alta voce mentre visitano il parco?“. Difficile dar torto a una valutazione del genere, se ci basiamo esclusivamente sul rumore prodotto dal drone, ma dobbiamo anche considerare che il principio di tutela della fauna del parco prende in considerazione anche e soprattutto il disturbo “fisico” che il velivolo può arrecare agli animali, in particolar modo ai volatili.

statua aquila in cima a un monte
Dove osano le aquile, potrebbe essere meglio che non osino anche i piloti di droni. Credits: Fabio Grandis from Pixabay

Sappiamo che spesso gli uccelli attaccano i droni proprio perché si sentono minacciati da loro (qui trovate una guida per approfondire la questione e le possibili manovre di fuga), e questo è sufficiente a spiegare come la sola presenza del drone nel cielo sopra un parco possa rappresentare un concreto elemento di disturbo per i volatili, magari delle specie che il parco si prefigge di proteggere e peggio ancora in alcuni particolari periodi dell’anno come l’accoppiamento e la nidificazione, durante i quali spesso alcune zone dei parchi vengono interdette persino all’accesso degli escursionisti.

Pensare che il fatto di non vedere questi uccelli durante le nostre escursioni basti a garantire che il nostro drone non darà fastidio a nessuno di loro è errato, perché a differenza nostra gli animali non vivono confinati nelle loro abitazioni, bensì sono legati a territori più o meno vasti in cui cacciano, cercano il partner e si riproducono. Per gli uccelli, questi territori possono essere davvero sconfinati: basti pensare che il territorio di caccia dell’aquila reale (esempio volutamente scelto tra gli uccelli che vantano una superficie di caccia maggiore) si estende dai 30 ai 100 chilometri quadrati. Insomma si fa presto a dire “Sulla vetta del monte non c’erano aquile, quindi se ci volo col drone di sicuro non le infastidisco”.

Cartelli “No Drone Zone”

Se il principio tutelato dalla legge è quello di disturbare il meno possibile gli animali che vivono nell’area protetta, bisognerebbe trattare le richieste di accesso (e nel nostro caso di sorvolo e di riprese) secondo quanto prescrive la legge. E invece, come spesso abbiamo visto accadere in molti altri luoghi turistici del nostro Paese, gli Enti tendono a fare un po’ per conto loro, spesso scantonando in comportamenti che non sono regolari al pari di chi vorrebbe volare dove non gli è permesso. Ci riferiamo ad esempio alla moltitudine di cartelli informativi, segnalati spesso anche sul nostro gruppo Facebook Comunità Italiana Droni, in cui è presente un simbolo di “divieto di volo coi droni” creato in modo artigianale, a volte persino dal sapore minaccioso, con tanto di immagine di martello accostata come a dire “Ti rompiamo il drone”, accompagnato dalla scritta “No Drone Zone”.

immagine di cartello no drone abusivo

Nella quasi totalità delle testimonianze riportate (qui trovate un articolo specifico sui cartelli), questi cartelli non specificano il nome dell’autore né rimandano ad un riferimento legislativo specifico, insomma hanno tutta l’aria del classico “rimedio fatto in casa” posizionato furbescamente tra gli avvisi nella speranza di scoraggiare il maggior numero possibile di piloti.

Insomma, se è la legge che vieta l’uso del drone nell’area, perché mai non esiste e non viene esposto un cartello ufficiale, con tanto di riferimento normativo?

“Non puoi volare”, a meno che..

Questo atteggiamento poco chiaro va di pari passo con le risposte che vari Enti parco hanno fatto pervenire a chi, facendo ricorso al buon senso, ha scelto di contattarli in anticipo per sapere se fosse possibile volare. In molti casi la risposta è stata un “NO” secco, salvo poi, in alcune risposte, lasciare aperta una porticina per chi volasse a particolari condizioni.

Tra queste, la prima distinzione consiste nel volo a scopo ricreativo o per motivi professionali (ad esempio promozione turistica, interesse scientifico, etc). Al pilota che vuole volare per hobby spesso non viene concessa l’autorizzazione, mentre la domanda del professionista che specifica perché vuole fare le riprese e a cosa serviranno, spesso viene accolta.

assicurazione per droni da euro 29,90

Non solo, perché in alcune risposte la possibilità di volare era legata al versamento di una somma di denaro variabile (poche decine di euro per gli hobbisti, fino a qualche centinaio di euro per chi ha specificato che le riprese avessero uno scopo professionale). Per giunta, in alcuni casi, le riprese debbono in seguito essere messe a disposizione anche dell’Ente stesso.
In generale quindi se da un lato possiamo comprendere le necessità di far cassa, la concessione del volo dietro pagamento di denaro crea una contraddizione perché mette automaticamente in secondo piano la tutela della fauna dell’area protetta.

Una nota di merito al regolamento del Parco del Delta del Po

Un recente regolamento molto aggiornato a dire il vero è quello relativo al Parco del Delta del Po. In questo documento ufficiale che regolamenta proprio l’accesso e il sorvolo dell’area protetta, vengono menzionati proprio gli UAS, al secolo e meglio conosciuti come droni. Facendo riferimento ai regolamento attualmente in vigore, ovvero il 2019/ 947 dell’Unione Europea.
In particolare dentro a tale documento consultabile gratuitamente, viene espresso come gli aeromobili o UAS appartenenti  alla categoria aperta non debbano richiedere alcun permesso se il loro volo avvenga dal 1 agosto all’ultimo giorno di febbraio.

Al contrario i voli nelle categoria Specifica o Certificata, devono presentare una opportuna documentazione, pagare i diritti di segreteria e una marca da bollo.
Abbiamo voluto parlare esplicitamente di questo regolamento nonostante la zona  non sia inserita nella cartografia AIP, ma solo segnalata sul portale D-flight, perché ci sembra molto ben bilanciato, e a conoscenza delle attuali normative.
Vi invitiamo a consultarlo per intero da qui,
Tutto l’opposto invece di come si sono comportati e si stanno comportando alcuni Enti che gestiscono Aree Naturali o Parchi che vessatoriamente vogliono assumersi la responsabilità del controllo dello spazio aereo diventando antagonisti di ENAC.

E la NORMATIVA?

C’è da dire che, così come i piloti di droni, anche gli Enti parco devono fare i conti con una legge in continua evoluzione e un insieme di norme in cui quelle più recenti e quelle più “vecchie” possono talvolta risultare persino in contraddizione.

Chi vuole volare col drone in un’area protetta di norma non dovrebbe far altro che consultare il portale ufficiale su d-flight.it e da lì comprendere facilmente se e come si può volare nel parco. Il fatto è che su d-flight.it molte aree parchi risultano colorate di verde, quindi ci si può volare fino ad un’altezza di 120 metri.
Cliccando sulle informazioni, la tab informativa però aggiunge “In base alla legge quadro 394 del 1991 potrebbe essere vietato il sorvolo. Consultare sempre l’Ente parco”.

Legge quadro sulle aree protette

Il riferimento è alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 detta “Legge quadro sulle aree protette”, che all’art. 11 h) stabilisce che

“è vietato il sorvolo di velivoli non autorizzati, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo”.

Ecco dunque che proprio all’interno del famoso articolo tanto sbandierato dagli enti parco che vogliono giustificare il loro divieto di sorvolo è contenuto una precisa disposizione che mette le leggi sulla disciplina del volo al di sopra di questo divieto generico.

Art. 793 del Codice della Navigazione

E allora andiamo a vedere cosa dice ENAC, che il 5 luglio 2021 ha rilasciato sul sito ufficiale una nota esplicativa proprio sulla “questione Parchi”.
[Ne abbiamo parlato diffusamente in questo articolo]

Enac ricorda che secondo l’art. 793 del Codice della Navigazione, “Divieti di sorvolo: l’ENAC può vietare il sorvolo su determinate zone del territorio nazionale per motivi di sicurezza. Quando ricorrono motivi militari ovvero di sicurezza o di ordine pubblico, l’ENAC, su richiesta della competente amministrazione, vieta il sorvolo su determinate zone del territorio nazionale.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può, altresì, vietare la navigazione aerea su tutto il territorio nazionale, per eccezionali motivi di interesse pubblico”.

Notate bene che questa è proprio una delle famose “leggi sulla disciplina del volo” alle quali rimanda la legge sul sorvolo delle aree protette del 1991.
Inoltre, sempre sul sito di ENAC, viene specificato che:

La Circolare Enac ATM-03C disciplina la modalità con cui vengono disposti i divieti di sorvolo, anche in applicazione delle previsioni di cui alla legge 394/91 (legge quadro sulle aree protette).

Premesso quanto sopra, Enac provvede a far pubblicare eventuali restrizioni di spazio aereo sulla base anche di valutazioni tecniche attinenti alle verifiche di eventuali interferenze, espresse da parte dei service provider nazionali, sia in AIP Italia che sulla piattaforma D-Flight.

Alla luce di quanto rappresentato, sono proibite al sorvolo quelle aree in corrispondenza dei Parchi il cui divieto è stato approvato dall’ENAC ed è quindi stato pubblicato sull’AIP Italia ENR 5.6.1-1 “Parchi naturali e zone soggette a protezione faunistica”.

Insomma, l’Ente parco non può vietare direttamente il volo degli aeromobili, droni inclusi, ma può fare richiesta ad ENAC affinché istituisca un divieto di sorvolo, cosa che eventualmente avverrà solo dopo aver valutato positivamente la domanda sottoposta attraverso una procedura ben precisa.
Solo in quel caso lo specifico divieto verrà inserito nella cartografia ufficiale AIP ed entrerà in vigore (potete consultare e scaricare i file pdf con le zone proibite al volo a questo link, ma prima è necessario registrarsi gratuitamente al sito di ENAV), mentre “la violazione del generico divieto previsto dalla norma” – precisa ENAC – non è sanzionabile in assenza della sopra precisata pubblicazione sull’AIP Italia”.

Una cosa è il volo, altra cosa sono le riprese

Insomma, se abbiamo controllato accuratamente le mappe su d-flight e la cartografia AIP senza trovare il divieto di volo nell’area che ci interessa (a questa pagina trovate la nostra guida su come leggere le carte aeronautiche), possiamo volare legalmente col drone, rispettando tutte le limitazioni del caso. Purtroppo niente e nessuno può garantirci che l’Ente parco non provi comunque a far valere le sue ragioni, arrivando persino ad una denuncia, dando vita ad una causa che costerà tempo, denaro e grattacapi.

Il consiglio migliore che possiamo dare a chi vuole volare col drone all’interno di un Parco o di un’area protetta, in fin dei conti, non può essere altro che quello di mettersi in contatto per tempo con l’Ente di competenza, in modo da avere la possibilità di dimostrare di essere in regola prima di recarsi fisicamente sul luogo e volare (eventualmente anche contro il parere dell’Ente se volete), rischiando di rovinarsi la giornata.
L’unica cosa a cui l’Ente può appellarsi riguarda i diritti di ripresa, e quindi potrebbe a seconda dei casi anche chiedere un compenso economico, come peraltro succede anche in molte città d’arte, monumenti e musei.